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Recensione Il tramonto birmano di Inge Sargent


Le prime parole che ho sentito su Il tramonto birmano di Inge Sargent risalgono alla metà dello scorso novembre, quando la splendida copertina di questo romanzo ha catturato la mia attenzione verso lo stand dell'Add Editore al Pisa Book Festival; è stata la ragazza dietro lo stand a rivolgermele, parlandomi con tanta convinzione ed entusiasmo di questa storia da convincermi quasi subito a portarlo a casa con me. Saranno state le atmosfere esotiche che aveva evocato, o il fatto che si trattasse di un'autobiografia così particolare, fatto sta che non sono riuscita a rinunciare a questo acquisto e ora, dopo aver effettivamente letto questa storia, non posso che essere entusiasta di averle permesso di entrare nella mia libreria.

Già dalle promesse avevo capito che non sarebbe stata una lettura comune, ma soprattutto che non sarebbe stata una lettura semplice; la quarta di copertina ci informa subito che Inge Sargent, principessa Shan in Birmania, combatte tutt'oggi un'accesa battaglia sociale per costringere il governo birmano a rivelare il suo coinvolgimento nella scomparsa di suo marito, il principe Shan Sao Kya Seng e ad assumersi le responsabilità per la dittatura militare che dal 1962 ha preso il controllo totale della Birmania e dei suoi abitanti.
Inge, conosciuta dal suo popolo con il nome Thusandi, è stata l'ultima principessa Shan della Birmania, avendo sposato nel 1952 il principe ereditario Sao Kya Seng. Il romanzo ripercorre la loro storia, partendo dal primo incontro in America, lei studentessa austriaca con una borsa di studio, lui ingegnere minerario in viaggio di formazione scientifica nell'occidente; Inge ignora all'inizio di frequentare un principe e continua ad esserne all'oscuro quando lui le chiede si sposarlo e di seguirlo in Birmania; è solo quando il loro piroscafo si avvicina al porto che Inge scopre che nella sua vita non ci saranno solo un marito devoto e una famiglia felice, ma un intero popolo che vede in lei e soprattutto in Sao il duplice volto della modernità e della tradizione, un occasione di riscatto dopo il dominio giapponese della seconda guerra mondiale, e l'opportunità di avviarsi verso il futuro economico e scientifico. Da questo momento la vita di Inge, ora Thusandi cambia completamente e noi seguiamo il suo cambiamento, rimanendo quasi basiti davanti alla sua incredibile capacità di modificare il suo stile di vita, di adattarsi ad una cultura completamente diversa dalla propria, con un forte attaccamento alla tradizione e alla superstizione. Il popolo Shan che Inge conosce è un popolo umile, mediamente ignorante, attaccato ai miti e alle superstizioni, eppure è un popolo che accoglie con calore e gioia la nuova strana principessa austriaca, imparando in poco tempo ad apprezzare la sua forza di carattere e il suo forte ruolo accanto al principe.

Insieme, Inge e Sao, facendo tesoro di ciò che hanno portato con loro dall'occidente, iniziano a portare modernità e benessere nel loro piccolo stato Shan, spingendo anno dopo anno a renderlo indipendente, forte, per arrivare infine all'eliminazione del feudalesimo e al passaggio verso un governo democratico di stati confederati, insieme con gli altri principi degli stati Shan confinanti.
Già dall'inizio sappiamo però di non trovarci davanti ad una storia a lieto fine; eppure, quando la dittatura militare fa la sua comparsa, e si impossessa prepotentemente della scena, viene difficile non soffrire insieme alla principessa, che si trova sola in uno stato che sembra ora respingerla senza avere la forza di lasciarlo abbandonando l'amore della sua vita. Dal momento in cui perde le tracce di Sao, leggiamo una sua costruzione futura, frammenti di dati sulla posizione del marito e sul suo rapimento che Inge ha ricostruito una volta fuggita con dolore dalla Birmania. In questa parte passato e presente iniziano ad intrecciarsi, mentre i ricordi del loro felice passato si sovrappongono alle scene ricostruite sul destino di Sao, e ancora alle settimane che Inge e le figlie trascorrono chiuse nel loro palazzo regale in uno stato che sembra voler schiacciare tutti suoi regnanti in una morsa spietata ed implicabile. Ogni più piccolo evento che accade nel palazzo in cui la principessa attende notizie, si ingrandisce come una bolla, immergendo Thusandi e noi lettori in una nuova scena del passato, in un nuovo ricordo dolce-amaro che ci allontana del presente per poi scoppiare poco dopo rilanciandomi nella cruda realtà. Inevitabilmente soffriamo con lei, condividiamo il suo dolore e la lettura si fa per questo più lenta è sofferta. Non nascondo di aver impiegato molto tempo a terminare la lettura di questo romanzo, sopraffatta dalla sensazione opprimente che trasmette, così dolorosa soprattutto perché vera.

Eppure non posso pentirmi di aver letto e terminato questo romanzo, soprattutto per l'opportunità di crescita che mi ha donato; leggerlo mi ha permesso non solo di approfondire un evento storico di cui avevo pochissime informazioni, ma soprattutto vederlo con gli occhi di chi l'ha realmente vissuto mi ha dato nuovi strumenti per valutare ed interpretati eventi così drammatici e di difficile comprensione.
Sapere poi che tutt'oggi Inge lotta dall'America, insieme con l'ONU e con le associazione umanitarie, affinché siano consegnati alla giustizia i veri responsabili del colpo di stato e dello sterminio di migliaia di abitanti della Birmania, mi ha dato solo l'ultima conferma della forza che gli esseri umani sono capaci di tirare fuori per combattere le ingiustizie. Una consapevolezza che non dovremmo mai perdere, perché ha la forza di farci crescere dentro, rendendoci pronti ad affrontare sfide che non pensavamo di essere in grado di vincere.

Un sentito grazie va alla Add Editore, la casa editrice che ha permesso a questa storia di giungere sino a noi; per quanto si tratti di una realtà nuova e ancora poco conosciuta, è l'esempio perfetto di come la passione e l'impegno possano portare a grandi risultati anche quando i passi sembrano piccoli e poco notati. Il tramonto birmano non era certo l'unico romanzo sullo stand, e di sicuro non erano l'unico in grado di regalare sorprese; non posso quindi che invitarvi a dare un'occhiata al loro sito, nella speranza che qualche altra incredibile storia colpisca il vostro sguardo e venga a casa con voi.
Non posso infine non menzionare lo splendido lavoro artistico dietro alla realizzazione di questo volume: oltre alla bellissima copertina, questo volume racchiude al suo interno delle illustrazioni originali di Elisa Talentino, che con la sua arte racconta alcuni punti focali della vicenda, con uno stile meraviglioso che pare quasi intrecciarsi alle parole di Inge Sargent.
Un motivo in più per procurarvi questo romanzo non trovate?


Trama:
L’ultima principessa dello Stato shan di Hsipaw accompagna il lettore in Birmania con i suoi occhi di giovane austriaca cresciuta durante il nazismo e profondamente innamorata di un giovane straniero, l’ingegnere minerario Sao Kya Seng. Si erano incontrati negli Stati Uniti, dove entrambi studiavano e dove si sposeranno. È all'approdo del piroscafo a Rangoon con un popolo in festa che Inge scopre che Sao Kya Seng è un principe regnante.

Inge è impreparata a tutto ma è curiosa, coraggiosa, forte d’animo. Come Aung San Suu Kyi, è una donna che attraversa più mondi e costruisce un ponte tra la nostra cultura e l’Asia. A Hsipaw, alla prova di un mondo ancora feudale, i due giovani si rivelano per quello che sono: innovatori radicali, sostenuti dalla forza degli ideali e di un grande sentimento. Per attuare la rivoluzione sociale necessaria a passare da feudalesimo a democrazia si dedicheranno totalmente al miglioramento della vita del loro popolo. Finché il sogno di cambiamento non viene interrotto dal colpo di stato militare del 1962 che porterà la Birmania a chiudersi al resto del mondo per cinquant'anni. Quel giorno il principe scompare e insieme tutta la loro vita, il loro progetto sociale.

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Denise
Sono un’appassionata di scrittura e comunicazione digitale, studio Informatica Umanistica e lavoro alla Casa della donna di Pisa. Nella vita cerco di conciliare i diversi aspetti di me: la femminista, la letterata e l’informatica. Non sempre vanno d’accordo, ma per fortuna sono caparbia e continuo a insistere.