Narrativa Contemporanea, Recensioni

Recensione Tutta la luce che non vediamo di Anthony Doerr

“I vetri sbatacchiano negli infissi. I cannoni antiaerei scagliano un’altra raffica. La terra ruota impercettibilmente più veloce.”

A prima occhiata può sembrare un periodo qualunque, difficilmente meritevole di più di una rapida scorsa.

Per me tuttavia, è uno dei passi più impressionanti, magistralmente costruito e con un ritmo ragguardevole.

La prima frase è infatti evocativa di una qualche profonda vibrazione, come quando passa un camion particolarmente pesante nella strada accanto alla vostra camera. In cinque parole viene compressa una miriade di informazioni: il fatto che ci troviamo vicino ad una finestra; che essa è vecchia o malandata, tanto da allentarne gli infissi; la notevole potenza di un qualcosa che agita tanto l’aria da far sbatacchiare i vetri, non tremare, non esplodere, sbatacchiare. Con la seconda frase ecco che arriva la spiegazione: cannoni. La scena si arricchisce, c’è una finestra malandata, dei cannoni antiaerei che sparano relativamente vicini. La guerra insomma. La terza e ultima frase infine offre l’equivalente di un immenso zoom-out cinematografico, e con un colpo da maestro porta a riflettere un istante su dove ci troviamo(Saint-Malo), e verso dove sparano i cannoni(nord-ovest).

Ecco che la frase ha senso, ma nel considerarlo ci è stato suggerita l’identità dell’avversario(aerei alleati), e soprattutto ci è stato mostrato un pianeta che continua a girare, indifferente alle tragedie che si consumano sulla sua superficie. Indifferente? Forse non proprio. Forse in una piccola, infinitesima, impercettibile parte, quella scarica di cannoni è stata sentita. Siamo passati dal dettaglio di una finestra, assolutamente ininfluente nell’ottica della guerra, ad una visione d’insieme che ci ricorda però tutte le vibrazioni che non percepiamo, le informazioni che non riceviamo, la luce, appunto, che non vediamo.

E tale è il titolo di un piccolo romanzo finemente cesellato, che tra pagine scorrevoli e leggere cela minuscoli dettagli di deliziosa tenerezza e altrettanto profonda tristezza.

But allow me to elaborate:

Guerra e amore

Tali sono a mio dire i temi che più si respirano nel romanzo. La guerra ovviamente c’è, essendo ambientato nell’europa della seconda guerra mondiale. C’è e si vede, ma non è mostrata in maniera eroica, né esattamente diretta. Non ci sono gloriose cariche all’arma bianca, né avvincenti infiltrazioni dietro le linee nemiche, e la guerra è come un’ombra, che incombe inesorabile, ingoiando tutto ciò che tocca e sommergendo i protagonisti.

A questo tema si contrappone quello dell’amore, anzi non si contrappone, viaggia parallelo. Perché anche in questo caso non c’è il soldato al fronte che sopravvive solo per tornare dalla sua amata, o la vedova che decide di vendicarsi di coloro che le hanno strappato l’amato (forse non si può chiamare veramente amore, ma è successo). C’è però l’amore di un padre per la figlia, mostrato con una tenerezza commovente, o quello che lega due gemellini anche quando verranno costretti a prendere due strade radicalmente diverse.

Questi due temi non si combattono, non pè un romanzo sui conflitti. È un romanzo su ciò che le persone fanno quando in mezzo ai conflitti sono scagliate.

Spalle e scenografie

La ridente cittadina fortificata di Saint-Malo. Non sarà sempre così ridente.
La ridente cittadina fortificata di Saint-Malo. Non sarà sempre così ridente. | Recensione Tutta la luce che non vediamo.

Il romanzo è ambientato tra Francia e Germania, tra raffinate casette e brutali caserme. Il mondo è descritto con pochi tratti, piacevoli e mai intrusivi. Una rappresentazione raccolta e ponderata più che minimale, che fornisce giusto il necessario per farsi un’idea di cosa circonda il protagonista senza lanciarsi in grandiose paginate di paesaggi.

I personaggi non protagonisti offrono anch’essi il giusto supporto, sebbene spesso ricadano in qualche stereotipo. Non che sia un difetto grave, d’altra parte io adoro il ritratto che Spielberg e Lucas fanno dei kattifi nazisten in Indiana Jones, però è un dettaglio che salta all’occhio. Anche alcuni eventi ad un’occhiata approfondita sembrano messi lì per necessità più che per organica evoluzione della situazione, come un personaggio che guarda caso si trova nella posizione perfetta per osservare una scena, o portare avanti una trama. 

Nulla di critico però, e nel complesso il giudizio che do al palcoscenico è buono, non eccelso, non memorabile, ma perfettamente adatto allo scopo. Andiamo ai due protagonisti principali: una ragazzina e un ragazzino.

La ragazzina che non vede

Schiaffo o carezza? Verso il soldato o il cagnolino? Chissà, la guerra è fatta di ambiguità.
Schiaffo o carezza? Verso il soldato o il cagnolino? Chissà, la guerra è fatta di ambiguità. | Recensione Tutta la luce che non vediamo.

La ragazzina, figlia di un impiegato del museo di storia naturale di Parigi, è cieca. Nei suoi capitoli il mondo viene descritto attraverso suoni, odori, temperature, sensazioni tattili. Con una prosa eccellente, vengono fatti emergere tanti dettagli della vita comune che passano inosservati per le persone comuni, ma sono essenziali per certe altre. Il suono di una voce, la cadenza dei passi di qualcuno, l’odore del pane che ogni mattina si spande dalla casa del fornaio, la forma dei ciottoli sotto le scarpe. Gli eventi la sballottano qui e là, senza che lei possa farci molto. Ciò può essere visto come il classico tropo della damigella in pericolo, passiva e impotente, oppure come una ragazzina cieca che, realisticamente, poco può fare contro la guerra che infuria. Io propendo per la seconda interpretazione, anche perché che non c’è un vero e proprio eroe in armatura scintillante.

Il ragazzino che vede l’invisibile

Un ragazzino come tanti altri, che credeva le mostrine sul bavero fossero solo motivo d'orgoglio.
Un ragazzino come tanti altri, che credeva le mostrine sul bavero fossero solo motivo d’orgoglio. | Recensione Tutta la luce che non vediamo.

Il ragazzino infatti è un orfanello con un talento per la matematica e l’elettronica, oltre ad una innata curiosità. La sua mente è analitica, acuta, e nei suoi capitoli sono tante le introspezioni, le osservazioni frutto di una mente attenta ai dettagli. Riparando una radio trovata nella spazzatura, scoprirà tutto un mondo di segnali altrimenti impercettibili, che lo conquisterà. Nel suo personaggio c’è qualcosa dell’eroe senza macchia, dai principi nobili e dai talenti sfolgoranti, ma in definitiva anche lui finirà ad essere un ragazzino come tanti macinato dalla macchina bellica.

Trama? 

Dove stiamo andando non abbiamo bisogno di… trama.

No, davvero. Credo che apprezzerei un romanzo come questo anche se raccontasse la spesa di Sigfrido, e il suo dilemma nello scegliere il latte parzialmente scremato ma fresco invece di quello intero ma uht.

Non ci sono sconvolgenti rivelazioni finali, non c’è nessuna epica battaglia finale alla Tolkien, nessuna matassa di intrighi che si dipana in un’istante una volta trovato il bandolo giusto. Ci sono solamente le (non poi troppo) semplici storie di (non poi troppo) semplici persone alle prese con la guerra. 

Ma sono storie raccontate in una maniera eccelsa, una maniera che fa scorrere le pagine con leggerezza, nonostante la pesantezza che trasuda da certi passaggi.

Una scrittura, come dicevo all’inizio, finemente cesellata e limata, che da sola merita di essere menzionata, notata, e perché no, studiata.

Però dai, un minimo accenno alla trama alla fine devo farlo. Non è nulla di sconvolgente, anzi forse scade un po’ nella banalità: c’è un gioiello, i cattivi vogliono il gioiello, i buoni lo proteggono. Ecco quì. Non che sia molto importante.

Giudizio finale

Tutta la luce che non vediamo è un libro che ho apprezzato particolarmente, ma non consiglierei a prescindere.

Non lo consiglierei a chi in un’opera cerca la suspense, l’adrenalina di una narrazione a ritmo serrato e avvincente (che potrete comunque trovare qui). O anche il dispiegarsi di un apparente groviglio di misteri e assassini, che diverrà chiaro e cristallino se visto nella giusta luce.

Non credo che i suddetti possano godersi questo libro.

A chi però interessano i racconti graziosi e delicati, o desiderano una breve tregua dai behemot che sono i vari Tolkien e Martin, a loro invece lo consiglio caldamente. 

Personalmente, lo reputo un ottimo romanzo da notte, di quelli che rimangono sul comodino pronti per essere letti poco prima di dormire, quando la mente non vuole imbarcarsi in qualcosa di epico o complesso e preferisce un delizioso bonbon balsamico.

Un’ultima nota (dolente).

La traduzione. Ho un forte pregiudizio sulle traduzioni. In questo caso, sono leggermente critico sul lavoro dei traduttori Gewurz e Zani. Il primo esempio lo trovo nel titolo,che in inglese è “All the light we cannot see”, ed è stato tradotto come “Tutta la luce che non vediamo”. Io contesto l’utilizzo del “vediamo”, e reputo più adatto un “non possiamo vedere”, anche se appesantirebbe forse troppo la frase. Può essere una mia puntigliosa precisazione inutile, ma credo meriti menzione.

Nel testo inoltre, spesso ci sono passaggi quasi musicali che tradotti non rendono granché, e alcune parole portano proprio fuori strada, come ad esempio un “shell”, proiettile di antiaerea in partenza, tradotto come “bomba” che può essere frainteso come ordigno sganciato da un aereo e quindi in arrivo. Nulla di plateale, la storia continua a scorrere, però a mio dire si perdono molti piccoli dettagli, in un romanzo che fa dei piccoli dettagli il suo punto forte.

Siccome l’inglese che Doerr usa è chiaro e preciso, per nulla difficile, se avete la possibilità (oramai con Kindle e Amazon le versioni originali sono disponibili a chiunque) consiglio davvero fortemente di leggerlo in lingua originale, l’esperienza sarà nettamente migliore. Se siete in grado di leggere Harry Potter in inglese, siete in grado di godervi All the light we cannot see, fatelo.

Per risollevare un po’ il morale, un ultimo ritratto dei protagonisti, disegnato da AMFrederick.

Sarebbero vissuti per sempre felici e contenti… | Recensione Tutta la luce che non vediamo.
Luigi (Elsar)
Curioso cronico e inguaribile ignorante, crede che semplici dita possano, danzando sui tasti, dominare le macchine ed elevare gli animi. Apprezza i gatti.

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