Racconti, Scrittura

L’anima della festa- Sartiglia 1

 

È una domenica mattina limpida e pungente di inizio febbraio e il sole è sorto già da alcune ore quando le strade della cittadina di Oristano iniziano a movimentarsi. Non è un giorno qualunque per questa città, anzi, è forse uno dei giorni più attesi insieme al giorno di Natale e all’inizio delle vacanze estive. Oggi è il primo giorno di Sartiglia, e nel cuore di molti oristanesi questo è un giorno di festa, di risate, di suoni e colori.

Anche a casa del piccolo Marco si sente già l’eccitazione per l’evento. Lui si è svegliato presto, prima ancora che il sole iniziasse a scaldare con i suoi raggi il piccolo giardino che circonda la casa. Si è alzato subito, correndo gioiosamente in camera dei genitori e saltando sul loro letto per svegliarli. Non sta più nella pelle, vuole fare colazione presto e scendere subito in strada, prima che la vestizione abbia inizio, per potersi mettere in prima fila a vedere Su Componidori che viene preparato per dirigere l’evento.
La Sartiglia non è certo una novità per Marco, l’ha già vissuta cinque volte, ma quest’anno è diverso: quest’anno ha compiuto sei anni, è un bambino grande ora e può capire quello che vede. Questa settimana a scuola le maestre hanno parlato della corsa e della sua storia, e lui ne è rimasto incantato. Un sacco di domande hanno affollato la sua mente all’uscita, e a tavola ha chiesto tutto al papà, lui è un esperto di Sartiglia, lui è un esperto in tutto. Papà gli ha raccontato com’è nata, e gli ha promesso che quest’anno lo avrebbe portato anche a vedere la vestizione. Non è certo una cosa facile, Marco lo sa bene, solo i più fortunati possono entrare nel locale chiuso dove si svolge, ma il suo papà è un mito e ha procurato gli inviti.

La mamma ora sta preparando il pranzo da portare appresso, così non devono tornare a casa a mangiare e possono stare fuori più a lungo, e il papà sta aiutando lui a vestirsi. È stato difficile scegliere un costume quest’anno, avrebbe voluto interpretare tutti i supereroi allo stesso tempo, ma non potendo, alla fine ha scelto Spider-Man. Lui è il suo eroe preferito, perché sa dondolare da un palazzo all’altro con le sue ragnatele e intrappolare tutti i cattivi. Mentre indossa la tuta rossa e blu, Marco si sente come Peter Parker. Anche lui oggi ha una missione: fermare tutti i cattivi che cercano di rovinare la festa, così mentre lui se ne occupa, Su Componidori può pensare solo a controllare gli altri cavalieri e può stare tranquillo.

Presi i panini e le bibite sono finalmente pronti ad uscire. L’aria è frizzante, il sole non è ancora riuscito a scaldare il terreno, ma Marco non se ne accorge, è troppo intento a sparare ragnatele invisibili forse gli innumerevoli nemici immaginari che lo circondano. Stende il polso in più direzioni, mentre con la bocca imita il suono delle ragnatele: “Ptiu, ptiu, ptiu”, e ad uno ad uno li sconfigge tutti. Ora la strada è sgombra e possono arrivare tranquilli al centro. Lui comunque terrà gli occhi aperti, non si sa mai chi potrebbe sorprenderli dietro ad ogni angolo.

Fanno poca strada, per fortuna vivono vicino al centro, e già iniziano a vedere altri bambini mascherati che giocano tra le vie, rincorrendosi con le bombolette di schiuma che anche Marco ha desiderato a lungo, ma che la mamma quest’anno non gli ha comprato: “Cosa te ne fai, hai già le tue ragnatele” gli ha detto lei, e lui non ha potuto che essere d’accordo, le sue ragnatele sono senza dubbio più efficaci contro i nemici. Ma ha poco tempo per osservare gli altri bambini, perché sono già arrivati al posto dove svolgono la vestizione, e l’attenzione del bambino è tutta diretta verso il piccolo pezzo di giardino che si intravede dietro la schiena dell’uomo che sta controllando i loro biglietti. Prima di farli passare l’uomo si inchina verso Marco e gli accarezza la testa, infagottata sotto la maschera rossa, augurandogli buono spettacolo. Lui risponde con un timido “grazie”, ed entra con i genitori nell’ampio cortile, che al momento è occupato da un numero incalcolabile di persone, che si scambiano saluti a voce alta riempiendo l’aria di allegria. Delle donne in costume sardo passano tra la folla con dei vassoi carichi di zippole e fatti fritti, e una di loro, giovane e dal sorriso dolce e sincero, si abbassa all’altezza di Marco offrendogli un pezzo di zippola, con cui il bambino si riempe la bocca, per leccarsi poi ogni piccolo dito dallo zucchero che ne è rimasto.

La mamma lo prende per una mano, mentre il papà per l’altra e insieme si spostano al centro del cortile, più vicino possibile al piccolo palco che svetta sul lato opposto. Su di esso, una sedia in legno vuota aspetta l’arrivo del Componidori, mentre intorno si affaccendano le Massaie nei loro meravigliosi abiti tradizionali, camice bianche e gonne rosse bordate in oro, impreziosite da gioielli in filigrana e veli bianchi e neri. Molte persone già iniziano ad avvicinarsi al palco e il papà prende Marco sulle spalle, così che possa vedere al di sopra delle innumerevoli teste che hanno davanti. Dall’alto, Marco abbraccia il cortile con lo sguardo, alla ricerca del protagonista della giornata, che ancora però non si vede. Non è un problema però, il suo sguardo e attento, e dall’alto può sorvegliare meglio la situazione, pronto a difendere tutta quella gente dai pericoli fino al suo arrivo.

L’attesa però è breve, dal portone da cui sono entrati giungono le note delle trombe e dei tamburi, che accompagnano l’entrata del Capo Corsa e del seguito, composto dalle Massaie, guidate dalla Massaia Manna, dai membri dell’associazione e dai fotografi. Ora tutto il cortile è invaso dagli squilli festosi delle trombe, e Su Componidori prende posto sul palco, accolto dalle luci dei flash e dagli applausi. Quando si siede sulla sedia, le Massaie iniziano la preparazione, e ogni passaggio è scandito dai ritmi bassi e regolari dei tamburi e dagli squilli delle trombe. Marco assiste incantato dalla sua posizione, e avvolto dall’atmosfera, sente il suo piccolo cuore battere al ritmo de “Su Passu de Istrada” (passo di strada).

Per prima cosa a Su Componidori vengono fatti indossare i pantaloni di pelle, larghi e comodi per cavalcare, poi la camicia, finemente ricamata e di puro lino bianco. Questa viene allacciata sui gomiti con nastri rossi, colore del Gremio dei contadini che organizza la corsa della domenica. Il gilet quasi passa in secondo piano per Marco, che rimane invece affascinato dalla maschera: un volto neutro emerge dalla garza gessata di cui è composta, e una volta indossata non è più possibile distinguere la persona che sta dietro la figura. A questa le Massaie appuntano ora un velo ricamato e per finire il cilindro nero. Ora davanti agli occhi di Marco non c’è più un uomo, ma una figura affascinante e misteriosa, che guiderà la corsa per tutta la giornata. La folla si apre e anche il papà si sposta di lato per far passare il cavallo, che viene condotto sotto il palco. Mentre Su Componidori sale a cavallo a Marco viene in mente una cosa che ha sentito a scuola e tira la manica del papà.

“È vero che una volta salito a cavallo non può più scendere per il resto della giornata?” Chiede con apprensione.

“Si, la tradizione dice che se scende da cavallo porterà sfortuna a tutta la città per il resto dell’anno”.

Il visino di Marco si contrae, e una ruga di preoccupazione compare tra le sue sopracciglia:

“Ma come fa se deve fare pipì?” chiede con una vocina flebile e preoccupata.

Il papà ride, facendo muovere leggermente il bambino sulle sue spalle, e la mamma con lui. Marco non capisce, ma ormai sa che i grandi a volte sono misteriosi e che forse lui è troppo piccolo per capire, quindi torna a concentrarsi sul cavallo e sul suo cavaliere, che ora benedice il pubblico festante con “Sa pippia ‘e Maiu” in mano, mentre i tamburi scandiscono il ritmo che Marco sente di nuovo pulsare dentro di sé. Il cavallo si avvia lungo il cortile ed esce dal portone da cui è entrato quasi un’ora prima il suo cavaliere, seguito da tamburini e trombettieri e dalla folla, che chiassosamente lascia il posto. Anche il papà e la mamma di Marco si accodano, e usciti dal cortile appoggiano il bambino a terra prendendolo per mano e guidandolo lungo le vie del centro storico fino all’incrocio di Via Solferino; da lì vedranno passare la sfilata del corteo storico e dei cavalieri, che percorreranno le vie del centro fino alla via del Duomo, dove la stella sospesa sul filo verde aspetta che i valorosi cavalieri, lanciati in corsa sui loro cavalli la colgano con le loro spade.

 

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Denise
Sono un’appassionata di scrittura e comunicazione digitale, studio Informatica Umanistica e lavoro alla Casa della donna di Pisa. Nella vita cerco di conciliare i diversi aspetti di me: la femminista, la letterata e l’informatica. Non sempre vanno d’accordo, ma per fortuna sono caparbia e continuo a insistere.