Fantasy e Fantascienza

Navigando su Wattpad: Il canto del fuoco di Edgewig

Buon lunedì e buon inizio settimana, Chiacchieroni!
Come promesso, oggi apriamo ufficialmente la nuova rubrica, che ha il preciso scopo di dare rilievo e visibilità a opere meritevoli incontrate dalla sottoscritta su questa piattaforma di Wattpad.
Se siete curiosi di conoscere il progetto nelle sue linee generali, vi rimando al post di apertura, che trovate qui.

E iniziamo con il botto, perché oggi vi parlo di quello che, a mio avviso, è a tutti gli effetti uno dei migliori fantasy presenti sulla piattaforma.
Il canto del fuoco è infatti una storia ricca di dettagli, curata con abilità da un autore in grado di colpire sia per la profondità della trama creata, sia per l’abilità con le parole. Il romanzo è al momento ancora in scrittura, e su Wattpad potete leggere i primi 37 capitoli, con la certezza che Edgewig aggiornerà la storia fino a sua conclusione senza che corriate il rischio di rimanere con l’amaro in bocca.
Cliccando sulla copertina, verrete rimandati direttamente al romanzo sulla piattaforma, dalla quale potrete leggerlo interamente sia da pc, sia da app per cellulare e tablet.

Vi riporto dunque la recensione, uscita qualche mese fa anche sul servizio di recensioni della piattaforma, e spero che questo romanzo riesca a stuzzicare la vostra curiosità.

La sinossi del romanzo, stringata ed essenziale, presenta già tutti gli elementi chiave per capire di cosa si parlerà tra queste pagine:

Trama:
Una pietra indistruttibile di giorno e quasi invisibile di notte, proveniente da un mondo lontano. Un guerriero audace e ossessionato da ciò che crede essa gli possa restituire, un re saggio e timorato che intende distruggerla, una regina consumata dall’odio e dal desiderio di vendicarsi. Un fuoco nel cielo, dopo dieci anni di fragile pace, costringerà i tre sovrani Omazik, Howak e Lithoren a confrontarsi nuovamente, e per l’ultima volta, mentre una nuova minaccia sorge insidiosa dalla cenere.

Già dal primo impatto con la storia però, si intuisce la cura che Edgewig ha riposto e ripone ancora sul suo romanzo: la prima parte si apre con una mappa dettagliatissima – che presumo sia costruita tramite Inkarnate – nella quale si possono iniziare ad apprezzare i diversi elementi caratteristici del mondo narrato. Non solo molto bella da vedere, ma anche estremamente utile durante la lettura, sia per seguire gli spostamenti che coinvolgono i personaggi, sia per comprendere alcune delle scelte logistiche che essi fanno nel corso della storia.
A seguirla, troviamo un riassunto dei personaggi principali che vedremo in azione, nonché i presta-volto dei tre protagonisti, immagini che si ripresenteranno poi a ogni capitolo, per rammentarci di quale tribù e capo stiamo parlando.

Grazie a questi elementi, iniziamo la lettura del primo capitolo con grande curiosità e con la sensazione di starci inoltrando in un mondo sfaccettato e misterioso, e la prima scena non delude assolutamente questa aspettativa: si apre in una notte piovosa, sul sentiero che conduce a un villaggio di tende di pelle e capanne di legno; i barlumi dei bracieri accesi e la timida brezza estiva colorano il nostro incontro con la prima tribù di queste terre: le Lithoren.
Sera e Gera, gemelle Lithoren, sono il nostro primo contatto, e il loro ruvido dialogo con il cocchiere del carro che procede sul sentiero ci lascia intuire di essere davanti a una popolazione di donne dure e temprate dagli eventi, poco inclini alla dolcezza e alla cordialità. L’impressione si acuisce quando il carro giunge al villaggio e da questo vengono fatti scendere rudemente degli uomini, trascinati poi fino alla tenda più grande del villaggio.

È qui che Rega, il primo personaggio principale, fa la sua apparizione. Ed è lei a iniziare a chiarire e confutare le nostre idee sulle Lithoren; la donna austera, rigida sul suo trono, si solleva per accarezzare dolcemente delle neonate in braccio alle madri, un dolce sorriso a delinearne il viso. Poi il sorriso svanisce davanti agli uomini, e iniziamo a comprendere ciò che spinge le Lithoren ad agire, e chi sono davvero quelle donne dal cranio rasato e dalla straordinaria capacità di passare dalla dolcezza alla violenza in pochi secondi.

Che l’autore sia veramente bravo a raccontare disegnando le scene, lo percepiamo nitidamente già da questa apertura; vediamo subito come riesca a concentrarsi con abilità sia sui dettagli caratteriali – come le espressioni e le inflessioni della voce – sia sugli elementi che circondano i personaggi – gli ambienti che percorrono, gli oggetti che indossano o utilizzano – e, nei due capitoli successivi, abbiamo la possibilità di vederlo all’opera con la presentazione delle altre due popolazioni protagoniste.

Il secondo capitolo ci porta in un villaggio poco più a nord di quello delle Lithoren, nella sala delle udienze di Hamir, re degli Howak, pacifica popolazione guidata dal sovrano saggio e pacato. La scena che ci viene raccontata è creata con cura, come la precedente, per mostrarci l’animo di Hamir e il modo in cui agisce, mettendo in risalto la sua abilità con le parole e la sua giustizia. Lo vediamo amministrare con assennatezza, parlare con calma e dispensare consigli con generosità e affetto, soprattutto verso la sua guardia, Geko. Abbiamo il modo di iniziare a percepire le differenze con Rega e le sue Lithoren, e di apprezzarne i tratti così diversi e particolareggiati, e lo stesso possiamo fare nel successivo.

Il terzo capitolo infatti ci porta a conoscere gli Omazik, e il loro è un capitolo di sangue e combattimenti. L’audace popolo guidato da Erik il Lanciamozza ci viene presentato durante un attacco a un altro popolo, e le motivazioni, nonché i primi elementi di cultura Omazik, ci vengono introdotti in un dialogo tra Erik e il suo vice, il comandante Amil. L’ossessione e la follia, ma anche la lucidità e la fedeltà, sono le caratteristiche che percepiamo di questa popolazione, le prime che si inseriscono nel quadro che stiamo iniziando a crearci durante la lettura.


Un filo spesso lega le prime tre scene narrate, perché alla fine di ciascuna si presenta un evento comune e inaspettato per le tre popolazioni, il vero motore della narrazione successiva. Un evento che dispone i primi tre capitoli in un tempo comune, quel prima, che ci sarà utile per avere un’idea solida di chi sono, nonché un modo per iniziare a capire il perché degli eventi che accadranno in seguito.
Da questo momento, la trama vera e propria può cominciare e il lettore si trova trascinato quasi suo malgrado; ha visto troppo per potersi tirare indietro, ha iniziato a familiarizzare con le tribù e con le persone che le guidano e ora dunque è già lì, al loro fianco, quando la storia inizia per davvero. E questa si rivela avvincente, ed esaltante, proprio come aveva percepito in apertura.
Al centro di tutto c’è il mistero legato alle pietre del cielo, oggetti provenienti da un mondo sconosciuto, capaci di influire sulla vita delle popolazioni della terra. Ognuno dei personaggi ha un rapporto stretto e differente con queste pietre, ognuno le percepisce e vive in modo diverso. Però queste sono il punto di contatto, ciò che lega le tribù in un passato comune.

Ciò che è stato ci viene rivelato lentamente, attraverso dialoghi, indizi, azioni dei personaggi stessi, e man mano che conosciamo aumenta la curiosità su questa pietra e sul mistero che la circonda. L’autore dissemina indizi per le pagine, frammenti di conoscenza che portano il lettore a ipotizzare e dunque a leggere con maggiore gusto e intensità, alla ricerca di conferme o confutazioni.
E il ritmo della narrazione si adatta a questa scelta, aumentando progressivamente mentre la storia procede, seguendo e rinforzando la frenesia della scoperta che investe il lettore.
Eppure, anche quando la lettura diventa forsennata, quasi disperata alla ricerca di indizi, ogni dettaglio resta perfettamente incasellato, curato e tratteggiato. Il lettore si trova quindi spinto a rallentare, ad abbandonare quella corsa a testa bassa, perché percepisce lo spessore del mondo che gli è stato costruito intorno, la cura e minuzia nella scultura delle personalità, dei tratti caratteristici delle popolazioni e delle loro differenze, nonché degli ambienti entro i quali si muovono. Ogni popolo ha i suoi elementi chiave, le sue leggende, il suo pensiero comune; tutti, anche i più secondari, rimangono impressi perché sono colorati, vividi e dettagliati, e si percepisce che hanno un posto nel quadro creato dall’autore.

E questo lavoro si sente ancora di più nei personaggi, dai tre principali, Rega, Hamir e Erik, ai loro seguaci e compagni, ai quali è dedicato lo stesso spazio, la stessa importanza.
Il fatto che la narrazione si sposti dall’una all’altra tribù, in ogni capitolo, permette di conoscere a fondo ciascun personaggio leggendone le paure, le gioie e le preoccupazioni. In più, in ogni capitolo la camera gira dal principale ai secondari, si sofferma a parlarci con cura di ognuno, per non lasciare alcun azione o rapporto inspiegato e incompreso.
Così, nei capitoli dedicati alle Lithoren seguiamo lo sviluppo emotivo di Rega, ma con il suo anche quello delle gemelle Sera e Gera, e vediamo come il rapporto delle tre muta, si adatta, assume contorni più solidi mentre il viaggio che compiono prosegue, e gli ostacoli iniziano a pararsi sul loro cammino.
Lo stesso avviene con Hamir e Geko, o con Erik e Amil.
Attraverso i discorsi tra i due Howak vediamo chiaramente che uomo sia il sovrano, conosciamo ciò che alberga nel suo cuore, e lo vediamo pian piano reagire agli eventi che lo investono, mantenendo sempre la compostezza per la quale ci siamo affezionati fin da subito a lui, mentre la sua guardia rivela tratti del suo carattere che non avevamo percepito, lati che gli fanno assumere contorni sempre più nitidi e definiti.
Ma è forse il rapporto tra Erik e Amil, quello che rimane più impresso durante la lettura; ciò che il Lanciamozza e il suo secondo vivono, consolida il loro rapporto, lo scolpisce e apre le porte a dei cambiamenti che sono incredibilmente interessanti e affascinanti da leggere e seguire.

Il grande arazzo tessuto dall’autore però, ricco di scene caratteristiche, minuziosamente dettagliato e incredibilmente colorato e realistico, non sarebbe stato senz’altro lo stesso, se fosse stato intessuto con fili diversi da quelli di seta, oro e argento che vediamo in questo romanzo. La storia è infatti memorabile, i personaggi sono caratteristici ed emblematici, ma è lo stile a dare la vera struttura a questo romanzo. È la prima cosa che colpisce quando apriamo il testo, e rimane un elemento fondante, capace di stupire, anche a lettura inoltrata.
Edgewig ha l’abilità di raccontare con raffinatezza, di tessere con minuzia ogni scena attraverso la scelta dei termini e la composizione delle frasi. Si percepisce la ricerca, l’attenzione e la cura nella scrittura, nonché la spinta ad adattare la narrazione al momento, ai sentimenti raccontati e alle scene appena vissute. È grazie a questa abilità se possiamo percepire le stesse sensazioni che vivono i personaggi: perché è lo stile stesso ad adattarsi, spezzandosi nei momenti di tensione, distendendosi in quelli di pacifico scorrimento o ancora arricchendosi nelle descrizioni e rivelazioni chiave per la storia.
Forse a tratti questa cura si percepisce fin troppo, e in alcune parti si intuisce una ricerca troppo forsennata del termine particolare, che quasi stona con il resto creato, ma sono parti rare, che con il tempo verranno sicuramente limate in favore di uno scorrimento costante e naturale. Ma per il resto, la mano dell’autore disegna con cura ed eleganza, permettendo al lettore di godersi questo viaggio in ogni suo aspetto.


Ebbene Chiacchieroni, spero che questa prima recensione di Wattpad vi sia piaciuta e che seguirete questo nuovo progetto con curiosità, dando una possibilità anche a questi giovani scrittori, che hanno trovato nella piattaforma un mezzo alternativo per esprimere la propria arte.

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Denise
Sono un’appassionata di scrittura e comunicazione digitale, studio Informatica Umanistica e lavoro alla Casa della donna di Pisa. Nella vita cerco di conciliare i diversi aspetti di me: la femminista, la letterata e l’informatica. Non sempre vanno d’accordo, ma per fortuna sono caparbia e continuo a insistere.

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