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Recensione: La casa di Parigi di Elizabeth Bowen



Era da qualche mese, dalla lettura di Al faro di Virginia Woolf per l'esattezza, che non mi dedicavo alla lettura di un classico, o per essere più precisi, di un romanzo di questa epoca (inizi del 1900), e leggere La casa di Parigi è stato un po' come rientrare in quella ambientazione.
Ci troviamo davanti ad un romanzo molto particolare, il cui primo aspetto notevole è la gestione del tempo; come in Al faro, anche qui non è il tempo reale a contare, ma quello mentale. In tutte le pagine del romanzo, diviso in realtà in tre parti principali, il tempo effettivo quasi non trascorre; la prima e l'ultima parte sono ambientate in quello che è considerato il presente, che si sviluppa tramite due bambini, Henrietta e Leopold, nel corso di poche ore di un pomeriggio in cui vengono a contatto. Il passato invece, è una piccola parte della vita della madre di Leopold, è anche qui, è più il pensiero a contare della realtà.

Ma procedo con ordine, per non rischiare di rendere ancora più complicata questa recensione; La casa di Parigi è una finestra sul flusso di vita di due ragazzini, Henrietta di dodici anni, una bambina inglese che viaggia attraversando Parigi per raggiungere la nonna nel sud della Francia, e Leopold, un bambino di nove anni che si trova a Parigi per conoscere la mamma per la prima volta. I due si incontrano per un pomeriggio in una casa a Parigi, dove le loro vita, le loro storie, si toccano per qualche ora per poi continuare il loro percorso. Il fulcro della prima parte del romanzo sono loro due, ed è attraverso i loro occhi che interpretiamo e conosciamo la realtà che li circonda; con grande abilità l'autrice affronta temi difficili e delicati, interpretati dal punto di vista di due bambini che iniziano ad affacciarsi al mondo degli adulti; in loro la purezza è ancora un filtro sulla realtà che gli permette di espripere i propri pensieri senza mascherarli dietro cortesie e regole di etichetta. Ciò nonostante, nel loro essere ignari della vita si scorge il desiderio di apprenderne ogni segreto, e la consapevolezza di essere trattati diversamente proprio a causa della loro giovinezza. Attraverso di loro conosciamo a poco a poco la verità sulla storia di Leopold e dei suoi genitori, inizialmente solo come brandelli di conversazione tra i vari personaggi che interagiscono con i due bambini.
È nella seconda parte che il passato ci viene raccontato per intero, e Karen, la madre di Leopold, diventa il centro della narrazione. In questa parte del romanzo predominano l'etichetta, il rispetto, il non detto, che contrastano incredibilmente con la spontaneità dei due bambini nella pagine precedenti. Qui il tempo si dilata leggermente per racchiudere gli aspetti più importanti del passato di Karen, e mentre conosciamo e vediamo svilupparsi la sua personalità, scopriamo dettagli anche su altri personaggi che sono intervenuti già nella prima parte del romanzo.
L'ultimo pezzo è dedicato nuovamente al presente e gli ultimi file del passato si ricongiungono al presente dandoci finalmente il quadro completo dell'intera vicenda.
Sono rimasta molto colpita delle sensazioni che questo romanzo è riuscito a trasmettermi: in esso grava una sensazione di cupezza e pesantezza capaci di toccare a fondo il lettore; l'effetto è in certi tratti pesante, ma riesce a rendere ancora più vivido il racconto, e permette al lettore di sentirsi ancora più parte di quel mondo distante e affascinante; una volta iniziata la lettura è molto difficile staccarsene emotivamente, ci si senta quasi attaccati al vortice di emozioni accennate e non espresse che permeano le pagine. In questo, ho trovato molti punti di contatto con il romanzo di Virginia Woolf, soprattutto per il carico di intense sensazioni che i due sono in grado di trasmettere.

È stata un'esperienza di lettura molto diversa dai miei canoni, che non mi aspettavo e che, forse anche per questo, ho apprezzato appieno.
Non posso che ringraziare la Sonzogno, che mi ha gentilmente consentito di leggere questo romanzo, e scusarmi con tutti voi per la mia analisi molto rudimentale; come ripeto spesso, sono solo una lettrice che condivide le sue sensazioni, e per quanto nelle mie recensioni non ci siano intenti di critiche letterarie, è sempre un piacere potervi raccontare queste esperienze.
Come potete notare, questa recensione non presenta un voto; ho preferito ometterlo per due motivi: il primo, è che sono stata indecisa fino all'ultimo momento su quale voto corrispondesse maggiormente alle mie impressioni, e ancora non sono giunta ad una conclusione; il secondo, è che spesso quando si parla di classici è facile suscitare discussioni, e ho preferito concentrarle tutte sulle nostre impressioni di lettura piuttosto che su una votazione. Spero che questa decisione non infastidisca nessuno, in ogni caso i commenti sono un ottimo punto dove esprimere liberamente ogni opinione (mantenendo sempre il rispetto e l'educazione per gli altri.)

Trama:
Siamo a Parigi, in inverno, la Grande guerra è finita da poco, aleggia sulla città un’atmosfera cupa e vischiosa. Alla Gare du Nord scende Henrietta, undici anni, con in mano la sua scimmietta di pezza. Viene a prenderla la signorina Fisher, un’amica di famiglia che la ospiterà per una intera giornata in un elegante appartamento, in attesa di farla ripartire per il Sud della Francia. In quella casa borghese, dal confortevole odore di pulito, Henrietta si imbatte in una gradita sorpresa: c’è un suo coetaneo, il fragile Leopold, avviato verso un futuro incerto. Tra i due bambini, estremamente sensibili e inquieti, dopo l’iniziale diffidenza, si accende la curiosità: di ciascuno nei confronti dell’altro, e di entrambi verso il misterioso mondo degli adulti. I due fanciulli, grazie agli indizi disseminati attorno a loro, rivivono, tra immaginazione e realtà, le tormentate storie d’amore dei grandi, in particolare quella scandalosa tra la madre di Leopold e il suo padre naturale.

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Denise
Sono un’appassionata di scrittura e comunicazione digitale, studio Informatica Umanistica e lavoro alla Casa della donna di Pisa. Nella vita cerco di conciliare i diversi aspetti di me: la femminista, la letterata e l’informatica. Non sempre vanno d’accordo, ma per fortuna sono caparbia e continuo a insistere.

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