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Recensione Zitelle di Kate Bolick


“Chi sposerò? E quando?” Sono queste le due domande fondamentali della vita di ogni donna, indipendentemente dal luogo in cui è cresciuta o dal suo credo o non-credo religioso. Forse capirà che le piacciono le donne anziché gli uomini, oppure deciderà semplicemente di non credere nel matrimonio. Non importa. Questa duplice contingenza l’accompagnerà finché non avrà risposta, anche se dovesse essere un “nessuno” e un “mai”.

Questo incipit molto particolare segna già la direzione in cui si muoverà il pensiero sviluppato da Kate Bolick in questo saggio personale sulla condizione della donna nella società americana, una panoramica che percorre gli anni dai primi del Novecento ad oggi.
Ultimamente mi sto avvicinando sempre più spesso al genere della saggistica, dedicandomi a libri che esplorano temi diversi e spesso poco trattati; quest'ultima lettura ha attirato la mia attenzione soprattutto per i richiami ad una cultura e un pensiero femminista che sto cercando di approfondire negli ultimi mesi, un tema che però in questo caso è trattato solo in parte, o meglio approfondito solo in uno dei suoi numerosi aspetti.

Attraverso la storia della sua adolescenza e dei primi anni di maturità, la Bolick ci conduce lungo un percorso di analisi dei cambiamenti che si sono succeduti sulla considerazione della figura della donna single, ovvero della cosiddetta Zitella che viene richiamata anche dal titolo; attraverso il racconto delle vite di cinque donne che hanno influenzato il suo pensiero, l'autrice getta delle basi su cui sviluppare una discussione aperta e critica sui pregiudizi che circondano la figura della donna indipendente dal punto di vista emotivo e familiare, una donna inserita nel mondo del lavoro e completamente padrona del suo destino e delle sue scelte. È un viaggio nei cambiamenti che hanno contraddistinto la lotta per l'indipendenza femminile, ma è soprattutto un percorso che guida alla comprensione della scelta fatta dall'autrice e da molte altre donne, che hanno preferito anteporre se stesse ad un'idea quasi obbligata di famiglia. Come vi dicevo si tratta di un saggio soprattutto personale visto che al centro del discorso c'è la vita dall'autrice stessa, mentre le vite delle sue cinque ispiratrici sono i cardini su cui si poggiano le sua scelte e il suo pensiero.

Non sono abituata a leggere saggistica, soprattutto quando è così autobiografica, eppure questa lettura non mi è dispiaciuta, soprattutto perché la Bolick ha un'ottima capacità di argomentazione oggettiva anche quando parla di aspetti che la riguardano da vicino. Più che una vera e propria analisi però, Zitelle è più una chiacchierata, l'intervento di una persona che dopo lunghi anni di indecisioni e disagi è finalmente riuscita a trovare lo stile di vita che più le si adatta, e che ora cerca di parlarne e descriverlo in modo da offrire una via di scelta a tante altre donne come lei che fino ad ora hanno sempre considerato negativo l'essere zitelle.
La forza di questo libro sta soprattutto nello stile diretto e colloquiale scelto, una prosa molto vicina al parlato tradizionale, che contribuisce ad impostare il libro come una vera e propria discussione, quasi come un intervento ad una conferenza. Contribuisce a rendere interessante la discussione soprattutto il focus sulla storia della condizione femminile nei primi del Novecento, il periodo che può essere individuato come il punto di partenza verso la vera e propria emancipazione femminile. Attraverso la vita delle cinque ispiratrici, abbiamo la possibilità di osservare come con il passare degli anni la società sia mutata, si sia adattata alle esigenze delle donne e al tempo stesso fa riflettere su quanto cambiamenti sono ancora necessari per poter parlare davvero di uguaglianza tra i sessi.

Zitelle è una lettura che vi consiglio soprattutto se vi piacciono i saggi prettamente autobiografici e soprattutto se siete interessati a conoscere un punto di vista diverso ed insolito nel dibattito sul femminismo e sulla condizione della donna.
Io come sempre ringrazio la Sonzogno Editore per avermi permesso di leggere questo libro e noi ci vediamo ad una prossima recensione.


Trama:
«“Chi sposerò? E quando?” Sono queste le due domande fondamentali della vita di ogni donna.» Inizia così Zitelle, indagine originale e provocatoria sui piaceri e le opportunità del rimanere single. Kate Bolick, giornalista e scrittrice, ripercorre la propria educazione sentimentale e ci introduce alle appassionate ragioni che hanno guidato la sua scelta di non sposarsi – scelta condivisa ormai, come ci informano le statistiche, dalla maggioranza delle donne americane. Questo cambiamento demografi co senza precedenti, ci spiega l’autrice, è la logica conseguenza di un’evoluzione secolare. Zitelle, infatti, mette in scena un cast di “pioniere”, da Edith Wharton a Maeve Brennan (la leggendaria ispiratrice del personaggio di Holly Golightly in Colazione da Tiffany), che con il loro ingegno, la loro tenacia e la loro inclinazione verso l’avventura hanno incoraggiato la Bolick a costruirsi una vita per conto proprio. Le idee e le azioni non convenzionali di queste donne mostrano che le attuali discussioni sulla condizione femminile hanno alle spalle una lunga storia. Ma Zitelle è anche un invito a guardarci dentro, per scoprire gli ingredienti di una vita autentica, per riassaporare quegli splendidi anni in cui eravamo giovani e spensierate oppure per goderci la mezza età e il diritto di farci finalmente gli affari nostri. E inoltre contiene un chiaro messaggio non solo per le single ma per tutte le donne: si può essere “zitelle” dentro. Perché vivere da sole non è una condizione imbarazzante a cui sfuggire, ma può essere una forma, esigente e appagante, di libertà. Un libro audace e toccante che può stimolare una fanatica devozione e accese discussioni.

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Denise
Sono un’appassionata di scrittura e comunicazione digitale, studio Informatica Umanistica e lavoro alla Casa della donna di Pisa. Nella vita cerco di conciliare i diversi aspetti di me: la femminista, la letterata e l’informatica. Non sempre vanno d’accordo, ma per fortuna sono caparbia e continuo a insistere.

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