Recensioni

Alla ricerca dei libri perduti

“Perché se leggi un libro da piccolo, diventa parte di te come non succederà mai con altre letture.”

La citazione è di C’è posta per te (no, non il programma televisivo, ma il film di Nora Ephron con Tom Hanks e Meg Ryan) e io sono d’accordo. Il mio amore per la lettura è nato in tenera età e come tutti i grandi amori, l’inizio è stato travolgente. Per tutta l’infanzia ho divorato un libro dietro l’altro, portandoli con me ovunque andassi, in bagno, a tavola, a letto.

Forse non è un caso, allora, che fra tutti i libri che ho sfogliato e amato negli anni, quelli che più hanno contribuito a rendermi la persona che sono restano (per la maggior parte) quelli che ho letto da bambina. Ci sono i grandi classici a cui ho dedicato anche parte della mia carriera universitaria (uno su tutti, Pinocchio), e poi ci sono quelli che con il tempo si sono un po’ persi nei meandri della memoria e del sentimento, ma che restano sempre presenti, in sordina, discreti, e che rientrano nella mia vita quando meno me l’aspetto, quasi in punta di piedi.

Alcuni titoli li ho riscoperti quando lavoravo in biblioteca in Inghilterra e notavo copertine di titoli inglesi dall’aria dannatamente familiare. Altri ancora li ho ritrovati frugando nella libreria della mia vecchia cameretta, alla ricerca dei libri perduti. Scopriamoli insieme.

Buon lavoro, Club dei Sette!

Copertina dell'edizione italiana del libro Buon lavoro, Club dei Sette! di Enid Blyton. La copertina rappresenta un ragazzo che porta su una carriola un altro ragazzo con la maschera tradizionale di Guy Fawkes. Sullo sfondo si intravedono due uomini che confabulano fra loro.
Alla ricerca ei libri perduti: la copertina di Buon lavoro, Club dei Sette!

La collezione di libri d’infanzia di mia madre nascondeva spesso tesori vintage che rimiravo con la curiosità di chi osserva un reperto archeologico e leggevo cercando di immedesimarmi nella ragazzina che era stata mia mamma. La serie del Club dei Sette è uno di questi tesori.

Protagonista della serie è un gruppo di sette giovani detective che formano una società segreta. Adoravo l’idea di un gruppo di ragazzini come me, che fra scuola, compiti e pomeriggi passati a giocare, sgominano bande criminali solo ed esclusivamente grazie alla loro astuzia e capacità di osservazione. In questo libro (titolo originale Good work, Secret Seven, 1954), nella notte dei falò (o Bonfire night), Peter e Jane vengono inavvertitamente rapiti da due misteriosi individui che rubano la macchina di loro padre senza notarli addormentati sui sedili posteriori. Una volta fuggiti, chiamano a raccolta il resto dei Sette per indagare il furto.

Erano ormai anni che non pensavo più alla serie del Club dei Sette. Poi, riordinando i libri nella sezione ragazzi della biblioteca, sono incappata in un titolo che mi ha fatto scattare qualcosa nella memoria. L’immagine di un falò e la scritta “Secret Seven”

Ho scoperto così che quello che per me era un tesoro nascosto scoperto per caso nella collezione di libri di mia madre, in Inghilterra è uno dei grandi classici della letteratura per l’infanzia. Enid Blyton è stata un’autrice prolifica e popolarissima, tanto che le serie da lei create, Famous Five e Secret Seven, restano a distanza di oltre cinquant’anni fra i libri più amati dai piccoli inglesi, nonostante alcune critiche e accuse di xenofobia e sessismo.

Il mistero del cane

La copertina del libro Il mistero del cane di Mario Lodi. È illustrata una vecchia foto in bianco e nero con tre bambini, una bambina e un cane in posa per l'obiettivo.
Alla ricerca dei libri perduti: la copertina di Il mistero del cane

Non molto tempo fa, mi è tornata in mente un’immagine che ero certa di ricordare da un libro letto alle elementari: un gruppo di bambini riuniti attorno a un cane randagio che elencano nomi di cane per scoprire il suo. Di libri sui cani da piccola ne ho letti a decine. Non era semplice, dunque, rintracciare di quale si trattasse. Ho provato a digitare nomi di libri a caso su Google senza ottenere risultati. Sono poi passata a descrizioni e intere frasi (“Libro dove bambini trovano cane e indovinano nome”) e finalmente sono venuta a capo del mistero: Il mistero del cane, per la precisione, di Mario Lodi.

In un paesino di campagna, in un’Italia del passato dove i bambini portano i calzoni corti, due fratellini trovano un cane ferito in un fosso. Insieme agli amici, lo accolgono in un fienile, lo curano e lo sfamano, trovando così un nuovo amico. Rileggendo questo libro, mi ha colpito in particolare una figura a cui da piccola facevo poca attenzione: quella dell’autore, Mario Lodi. Insegnante, pedagogista, è il fondatore della Casa delle Arti e del Gioco, un’associazione dedicata a quella educazione democratica fondata sui valori della Costituzione di cui Lodi era stato promotore.

Non solo, ho scoperto che Lodi è autore anche di Cipì, uno dei primi libri letti alle elementari. Ho detto che Mario Lodi è l’autore del libro: è più corretto dire che gli autori sono i suoi alunni. Nel corso di un anno scolastico, infatti, i bambini hanno osservato la vita dei passeri fuori dalla finestra della loro aula. Insieme hanno annotato episodi, storie e pensieri, tutto materiale che poi è entrato a far parte del libro.

L’indiano nell’armadio

La copertina del libro L'indiano nell'armadio di Lynne Reid Banks. Rappresenta un ragazzo che tocca due figurine in plastica, un indiano e un cowboy, che hanno preso vita.
Alla ricerca dei libri perduti: la copertina di L’indiano nell’armadio

Ho avuto il piacere di riscoprire questo libro non in biblioteca né fra i miei vecchi libri. Ero a Londra e gironzolavo nella sezione bambini di una di quelle sconfinate librerie londinesi, di quelle che sai quando entri, ma non quando uscirai. Improvvisamente vedo davanti a me un titolo. The Indian in the Cupboard. Qualcosa mi è scattato nella memoria.

L’indiano nell’armadio aveva tutto quello che una piccola lettrice fantasiosa come me poteva desiderare: un armadietto dall’aria innocua dotato di poteri magici, una chiave misteriosa, giocattoli che prendono vita. Omri scopre infatti che l’armadietto ha il potere di portare in vita banali figurine di plastica. Il problema è che le figurine in questione rappresentano un nativo americano e un cowboy. Il conflitto fra i due è inevitabile.

Questa, tuttavia, non è solo una semplice storia su dei giocattoli che prendono vita. È anche la storia di un bambino che prende coscienza dei sentimenti delle creature che lo circondano, non importa quanto piccole, e impara a conoscere e rispettare la cultura dei nativi americani. A distanza di anni, forse è proprio questo l’aspetto del racconto che più mi colpisce, specialmente se consideriamo che il libro è stato scritto nel 1980.

All’ombra del salice

La copertina del libro All'ombra del salice di Ruth White. Rappresenta tre figure femminili, di cui due ragazzine in primo piano, sullo sfondo di una casa di campagna e un albero.
Alla ricerca dei libri perduti: la copertina di All’ombra del salice

Questo libro ha rappresentato per me un punto di svolta, un raccordo fra la spensieratezza dell’infanzia e le sfide dell’età adulta. In fondo, è proprio questo il fulcro della trama: il percorso di crescita di Mini, timida ragazza in procinto di iniziare le scuole superiori. La storia scorre fluida, leggera, fra nuove amicizie, prime cotte, feste con gli amici. Ci sono i desideri, le ansie e le speranze di tutte le adolescenti. Poi, di botto, qualcosa cambia, il tono si fa cupo, e la vita di Mini viene sconvolta da un evento che stride con la spensieratezza della prima parte del libro.

I temi sono complessi: violenza e abusi su minori, la vergogna, la complicità omertosa e colpevole del patriarcato. Questo è stato il primo libro a insegnarmi che la violenza non è mai colpa della vittima. Mi ha anche insegnato che raramente il primo amore è il vero amore e che a volte basta un attimo per vedere una persona che si conosce da sempre con occhi e sentimenti diversi.

Scritto da Ruth White con il titolo originale di Weeping Willow, ho scoperto questo libro verso i quattordici anni, quando, romantica e un po’ incompresa, avevo ripreso a frequentare la biblioteca comunale convinta che fosse il posto migliore dove incontrare l’amore della mia vita. A distanza di anni, sempre in biblioteca (ma stavolta come impiegata), mi è caduto l’occhio su un volume. The Wind in the Willows. Possibile che fosse lo stesso libro? Mi è bastato scorrere brevemente la quarta di copertina per capire che no, non lo era, ma ormai la mia memoria si era sbloccata. Ricordavo a grandi linee la trama, il nome della protagonista e il salice nel titolo. Come per il Mistero del cane, ho iniziato a digitare parole chiave un po’ a caso su Google. Romanzo ragazzi protagonista Mini salice. Romanzo ragazzi Mini salice crescita violenza. E così via finché la mia testardaggine non ha avuto la meglio sull’algoritmo di Google.

Una ricerca che non finisce mai

Mentre scrivevo, hanno iniziato a riaffiorare alla memoria altri libri perduti della mia infanzia, che fremono sugli scaffali in attesa di essere riscoperti. Ora che questa appassionante ricerca è iniziata, non intendo certo fermarmi qui. Chissà quante cose posso ancora imparare, in quanti modi questi libri possono ancora sorprendermi. Credo che tutti, ogni tanto, dovrebbero andare alla riscoperta dei libri della propria infanzia, anche quelli che non sono rimasti fra i preferiti di sempre. Librerie di camerette di tutto il mondo celano tesori e segreti che non aspettano altro che essere riportati alla luce e condivisi.

Vi lancio una sfida, cari lettori. Provate anche voi a lanciarvi in questa ricerca. E poi raccontateci su Facebook, Instagram o YouTube che cosa avete scoperto. Potrebbero venirne fuori conversazioni e reminiscenze davvero appassionanti.

Elisa
La lettura è stato il mio primo amore, le lingue straniere il secondo. Traduttrice, bibliotecaria, appassionata di letteratura per l'infanzia, classici letterari, femminismo, cucina e cinema. Credo fermamente che un adulto creativo sia un bambino sopravvissuto.

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