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Sinfonia di Sangue: Parte Uno

Una notte nel mondo di Vampiri: la Masquerade

L’aria, quella notte, odorava di sangue e possibilità. Con il gomito fuori dal finestrino del pick-up e il volto abbandonato sul braccio, Marla annusava piano il sentore di New Heaven, la città che da una decina d’anni aveva imparato a chiamare casa. 

La giovane Toreador aveva la mente persa nel Concerto per Violino e Orchestra di Čajkovskij, nel tentativo di tenere a bada la sensazione vorace che scavava nel suo stomaco. Ogni tanto, quando i morsi della fame si attenuavano, tendeva le orecchie verso le chiacchiere leggere della sua coterie, i suoi compagni di avventure notturne.

Emily, seduta accanto a lei con Stella tra le braccia, voltava spesso il capo verso il retro della vettura per seguire il discorso dei compagni. Come tutti i Gangrel, in lei i tratti della Bestia erano più evidenti e Marla non poteva fare a meno di notare che ciuffi di peli le spuntavano incolti da sopra le orecchie.

Sul retro, Rita e Thomas parlavano animatamente di qualcosa che sembrava aver a che fare con la masquerade e con la legge del principe. La Ventrue manteneva un tono misurato, studiato come d’altronde lei stessa appariva quasi sempre. Il Nosfetatu, invece, nascosto da una maschera magica, gesticolava animatamente, scandendo le parole come se stesse rappando.

Marla aveva perso il filo del loro discorso poco dopo la partenza, avvinta com’era dalle note di quel violino che solo lei, nell’abitacolo, era in grado di sentire. Si esercitava anche in quel momento, senza bisogno del suo fedele strumento tra le dita. La mano sinistra si muoveva a ritmo con la melodia che sentiva nella testa, mentre lei annusava l’aria seguendo il battito silenzioso della vita di New Heaven.

Alla sinistra di Emily, Q.B guidava in silenzio, con il solito sorriso leggero impresso sulla mascella squadrata. Era affascinante, per essere un Brujah, anche se Marla sapeva che era capace di tirar fuori una rozzezza fuori dal comune, quando se ne presentava l’occasione.

Dietro di lui, Marla ne era certa, Aziz aveva ancora gli occhi incollati allo schermo del cellulare, dimentico dei compagni seduti sul pick-up. Sentiva le imprecazioni che il Malkavian si faceva sfuggire fior di labbra, e che strappavano sospiri rassegnati al resto della coterie. “Porc, sei morto, zì… Camper di merda… Wooh, no scope, bitches!

Erano così diversi, loro sei, che difficilmente a occhio li sarebbe potuti considerare un gruppo di amici. Erano legati da sentimenti istintivi, ferali quali: intraprendenza, fame e voglia di mettersi in gioco; nonostante tutto, Marla aveva iniziato a considerare quei cinque come una famiglia, la sua famiglia.

Una zaffata d’aria rancida le arrivò alle narici e la giovane vampira lasciò che Čajkovskij annegasse i suoi pensieri, per distoglierla dalla vista e dall’odore dei quartieri più sgradevoli della città. 

La voce di Q.B, d’un tratto, la ridestò dalla sua melodia. «Ma che…» mormorò il quarterback e il pick-up iniziò a frenare sulla strada. Marla alzò il viso, in tempo per notare una figura al centro della corsia, che gesticolava animatamente nella loro direzione. Vedendoli rallentare, questa smise di sbracciarsi e fece loro cenno di accostarsi, cosa che Q.B fece se attendere il parere del resto della coterie.

L’uomo, perché di un uomo pareva trattarsi, ciondolava sulle gambe, irrequieto. Istintivamente, Marla modificò la melodia che scorreva nella sua mente. Da Čajkovskij a Lindsey Stirling, il cui violino pregno di sonorità moderne pareva assai più adatto a quella misteriosa figura. Nella tenue luce lunare, la vampira notò che lo sconosciuto portava una cuffietta scura sulla testa, che copriva solo in parte il vistoso sfogo rosso sulla pelle del collo.

«Salve, salve, giovani vampiri, salve» esordì l’uomo quando Q.B abbassò il suo finestrino. «Mama Ru, mi manda, sì sì. Lei ha chiesto di voi, sì, proprio di voi. Venite al porto, venite con Jacob. Mama Ru vuole parlarvi, sì sì. Proprio parlare con voi.» Aveva una cadenza strana, innaturalmente rapida, e gli occhi guizzavano, frenetici, dall’uno all’altro dei vampiri seduti a bordo del pick-up.

Anticipando i compagni, Rita si sporse in avanti, mettendo in mostra le spillette appuntate sulla camicia inamidata. «Mama Ru vuole parlarci, eh? Ha detto di cosa si tratta?» chiese in tono pacato ma autoritario.

Jacob scosse il capo, ciondolando al ritmo di Shadows che Marla sentiva ancora nella testa. «No no, lei non l’ha detto. Voi venite con Jacob al porto e lo scoprite. Così ha deciso Mama Ru. Mama Ru ordina, Jacob esegue, nulla di più.»

«Cosa ne pensate?» chiese Emily, mentre Stella abbaiava il suo disappunto verso lo sconosciuto affacciato al finestrino. Marla si limitò ad ascoltare in silenzio, avvinta ancora dalla musica.

«Be’, fratelli, se Mama Ru ci cerca, forse ha un lavoro per noi. Qualcosa che potremmo tradurre in un favore» osservò Thomas, che tra loro era sempre stato il più attento a quel tipo di dettagli. «Per me vale la pena scoprirlo.»

Q.B annuì. «Perché no? Non è che avevamo programmi migliori, per stasera.»

Stella abbaiò ancora e Emily la accarezzò, pensierosa. «Sono d’accordo, si può fare. Marla, tu che ne dici?»

La giovane vampira mosse appena il capo in cenno di assenso, prima di tornare a concentrarsi sulla sua musica. Come i compagni, era curiosa di scoprire cosa Mama Ru volesse da loro. Era insolito che l’Arpia convocasse dei vampiri della loro generazione e quella stranezza valeva un’investigazione più approfondita.

«Aziz? Aziz?» chiamò Rita e quando il gamer chiese, perplesso «Eh? Cosa? Siamo al check-point?», Marla sospirò. Era un caso perso.

Lo dovette pensare anche Rita, perché lo ignorò e riportò la sua attenzione su Jacob. «Va bene, facci strada.»

Jacob sorrise. «Bene, bene. Mama Ru sarà felice, sì sì. Posso salire a bordo con voi? La sua casa è un po’ lontana.»

«Sì, ma nel cassone, bello» rispose Q.B, senza perdere neanche un briciolo della sua studiata compostezza. «Siamo già al completo.»

Borbottando qualcosa di incomprensibile a fior di labbra, Jacob montò sul cassone, urlando per farsi udire dal finestrino ancora aperto. «Tutto dritto, sì sì. Verso il porto, Mama Ru vi aspetta lì. Vai vai, ti dico quando girare.»

Il pick-up si rimise in moto e la città riprese a scorrere accanto a loro, illuminata a giorno dalla luce dei lampioni dorati. Marla chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dal suono familiare del violino, e intonando a fior di labbra la sua melodia.

Fu il rumore della portiera di Q.B che si apriva a riportarla alla realtà. Erano al porto, Marla riusciva a distinguere il profilo delle barche ormeggiate al molo. Il quarterback scese dall’auto e si sgranchì i muscoli, e Rita e Thomas lo seguirono. Marla dovette scrollare Aziz, ancora concentrato sul suo cellulare, per fargli notare che erano arrivati. Quando scese dall’auto, la melodia nella sua mente virò, naturalmente, verso toni più cupi. Quel posto metteva i brividi.

Saltato giù dal cassone, Jacob indicò una bagnarola a pochi passi da loro . «Eccoci, venite venite. Mama Ru vi aspetta» esclamò, mentre anche Emily scendeva, con il chiwawa tra le braccia. La luna, un esile spicchio sospeso in un mare di oscurità, riusciva appena a rischiarare il suo volto, ma Marla notò che la compagna aveva la mascella tesa. Tra le sue braccia, Stella digrignava i denti.

«Che succede?» sussurrò la vampira, ma Emily d’improvviso scattò, i muscoli tesi in una posizione ferale. Fissava un punto nel buio alla loro destra e ringhiava piano, minacciosa.

Jacob si irrigidì e si voltò. «No, no, non c’è bisogno» mormorò, tornando da loro. «Vi prego, li spaventate, non c’è bisogno.»

Nell’oscurità, Marla riusciva a scorgere delle ombre più dense, profili di creature acquattate al margine del loro campo visivo. «Chi sono?» mormorò rivolta al loro accompagnatore. «Cosa vogliono da noi?»

«Nulla, loro proteggono Mama Ru» rispose Jacob, mangiandosi parti di parole nella fretta. «La vostra amica e il suo cane li hanno spaventati, sì sì. Ma lasciate stare, andiamo andiamo. Siete attesi.» E con un’ultima occhiata di disapprovazione verso Emily, si voltò e camminò verso la barcaccia, aspettandosi di essere seguito.

«Tutto bene?» sussurrò Marla ed Emily annuì appena. Adagio, i muscoli si rilassarono e il volto tondo della vampira tornò amichevole come al suo solito. «Sto bene. Ho solo annusato una traccia estranea e mi sono messa allerta. Va tutto bene.»

Poco convinta, Marla lanciò uno sguardo a Thomas, che alzò le spalle e mimò con le labbra: Lo sai che è strana.

Già, chi di loro non lo era, d’altronde?

Come per tespondere a quella domanda, Aziz urlò di nuovo di gioia, gli occhi ancora incollati allo schermo del cellulare.

Con un sospiro, Marla si accodò a Q.B e Rita, che già muovevano dietro Jacob, e in pochi secondi tutta la coterie si trovò davanti all’ingresso della bagnarola che ospitava la casa di Mama Ru.

La prima così che colpì la giovane vampira, quando Jacob aprì la porta, fu l’intenso aroma di incenso che si levava dalla stanza. Illuminata da candele profumate, sembrò subito troppo piccola per contenere l’immensa figura che sedeva su un letto davanti a loro.

Marla aveva sentito molte descrizioni dell’Arpia di New Heaven, ma nessuna rendeva davvero giustizia alla visione che avevano davanti. Quella che un tempo doveva essere stata una donna sudafricana imponente, ora appriva quasi grottesca, calata in un corpo così abbondante che pareva impossibile muoverlo da quel letto. Priva di un braccio e di una gamba, simmetrici, la Nosferatu li osservava con un sorriso materno; ma gi occhi, vitrei, passavano rapidi dall’uno all’altro, tinti di sfumature inquietanti.

Quando parlò, la musica nella mente di Marla cambiò ancora, in modo del tutto spontaneo. Assunse toni più intensi e cupi, che le fecero rizzare i peli delle braccia. Crystallize. «Miei cari, venite, venite avanti» mormorò l’Arpia e loro avanzarono, quasi istintivamente.

Arrivata a pochi passi da Mama Ru, Marla comprese il perché di tutti quegli incensi e quelle candele profumate. L’anziana donna emanava un odore penetrante, di polvere e decomposizione fusi in un tutt’uno. Era così forte che la vampira dovette trattenere il respiro, e gli occhi presero a pizzicarle leggermente.

Inconsapevole o forse solo rassegnata, Mama Ru continuò come se nulla fosse. «Vi aspettavo. Sapevo che vi avrei trovato, stanotte. Ho mandato Jacob a intercettarvi. Vi ho sognato, sapete?»

La coterie la ascoltava, in silenzio. Qualcosa, nel tono di Mama Ru, catturava tutta l’attenzione della stanza. Perfino Aziz aveva chiuso il gioco sul cellulare e osservava l’Arpia, con solo un leggero moto delle narici a indicare che anche lui faticava a ignorare quell’odore.

«Ho sognato che sareste venuti da me» continuò la donna, il cui sguardo saettava tra loro, penetrante. «Ho sognato che mi avreste aiutata.»

Da qualche parte dentro di sé, Marla trovò il coraggio di rispondere. «Aiutarti, Mama Ru? In che modo?»

La donna spostò lentamente il viso verso di lei e le sorrise, adagio. Aveva i denti così neri che Marla faticava a distinguerli dal resto della pelle. «Ho bisogno di voi per ritrovare dei cuccioli, miei cari. Loro… loro sono in pericolo.» Lo sguardo di Mama Ru si fece sfocato. «Dei lupi li inseguono… su, a North Heaven, in mezzo alla foresta. Loro hanno bisogno di voi. Aiutateli, ve ne prego. E io ve ne sarò immensamente grata.»

«A proposito di questo…» Thomas si fece avanti, con un sorriso scaltro sui lineamenti offuscati dalla magia. «Questa gratitudine di cui parliamo… potrebbe equivalere a un favore

Marla trattenne il fiato e scrutò Mama Ru in cerca di segni di fastidio o, peggio ancora, di rabbia.

Non ne trovò. L’Arpia sorrise leggera e annuì. «Tre vite per un favore. Mi sembra equo. Salvate i cuccioli, e vi darò quello che cercate.»

Soddisfatto, Thomas lasciò che Rita prendesse la parola. Era giunto il momento dei dettagli e la capo scout era senz’altro la persona giusta per quel compito. «Dove troveremo questi cuccioli?»

«Come dicevo, a North Heaven, oltre le ultime case a ridosso della foresta. Cercate l’edificio con l’insegna di una bistecca. Non so altro, il sogno non mi ha mostrato di più.»

Rita annuì. «Sarà sufficiente.»

«Quindi accettate? Farete questo piacere a Mama Ru?»

I membri della coterie si guardarono, cercando assenso l’uno nell’altro. Poi Q.B rispose, per tutti. «Accettiamo.»

«Un’ultima cosa, Mama Ru.» Marla parlò guidata dall’istinto e dalla musica che, nella sua testa, cominciava un crescendo travolgente. «Che tipo di cuccioli cerchiamo?»

Mama Ru sorrise lieve. «Non lo so, mia cara. Dovrete scoprirlo da soli.»

To be continued…

Questo mercoledì, ho giocato per la prima volta a Vampiri: la Masquerade. Si è trattato di una one-shot notturna, giocata in compagnia di giocatori familiari e di nuove conoscenze. Il master, Igor, è il gestore dello splendido Goblin Caffè ed è merito suo se questo racconto esiste.

Ho deciso di narrare la nostra sessione perché, in qualche modo che ancora non comprendo bene, mi è rimasta impressa in modo indelebile. È stata un’avventura breve ma intensa e ho continuato a rigirarla nella mente per giorni, dopo averla vissuta. Credo che dipenda anche dal fatto che Marla, il personaggio pre-creato che ho scelto di interpretare, aveva molti punti in comune con il mio carattere; ruolarla, anche solo per qualche ora, mi ha permesso di sentirla nitidamente e mi ha instillato l’insana voglia di raccontarla.

Questo è il primo episodio del racconto e, se tutto va secondo i piani (cosa che nel mio caso non succede mai e se seguite Irvania lo sapete bene) sarà il primo di tre. Usciranno per tre sabati di fila. Se siete degli habitué, qui su Chiacchiere Letterarie, saprete che non è la prima volta che vi racconto di esperienze da GdR. Le altre, le trovate tutte qua.

Spero che, in qualche modo, questa breve immersione nel mondo di Vampiri coinvolga anche voi. Ci tengo a precisare che la storia, i personaggi primari e quelli secondari appartengono tutti al Goblin Caffè. Io mi sono limitata a rendere sulla pagina bianca l’impressione della fantasia che si è fatta reale.

Ci leggiamo la settimana prossima.

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Denise
Sono un’appassionata di scrittura e comunicazione digitale, studio Informatica Umanistica e lavoro alla Casa della donna di Pisa. Nella vita cerco di conciliare i diversi aspetti di me: la femminista, la letterata e l’informatica. Non sempre vanno d’accordo, ma per fortuna sono caparbia e continuo a insistere.

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