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Recensione Agguato all'incrocio di Dale Furutani


Quando ti imbatti casualmente in una serie come quella di Dale Furutani, magari cominciando a leggerla proprio dal secondo volume perché è il primo che hai notato e quello che ha colpito maggiormente il tuo sguardo, difficilmente riesci ad evitare di voler recuperare i volumi restanti.
Come forse saprete, ho conosciuto l’opera di Furutani ad una Fiera del libro, quando in uno degli stand la copertina di Vendetta al palazzo di Giada mi ha catturata quasi magneticamente, obbligandomi a portare a casa con me il piccolo e promettente volume. Solo una volta iniziato ho capito di aver acquistato il secondo volume di una trilogia ambientata nell’epoca Edo, ma ormai ero talmente affascinata dal personaggio principale e dalle sue avventure, da decidere di continuare a leggere quella storia già iniziata e incredibilmente attraente.
Alla fine della lettura, ero ormai persuasa di voler rintracciare i due capitoli mancanti della serie del mistero del samurai, ma tra il dire e il fare come sappiamo scorre un fiume di possibilità, e dalla lettura di Vendetta al palazzo di Giada (e da quando ve ne ho parlato in una recensione qui sul blog) sono trascorsi tre mesi, in cui si è affievolito il bisogno del recupero immediato, ma è rimasto il desiderio di tornare a leggere di Matsuyama Kaze e del suo mondo.

È bastato però che un amico prendesse in mano la trilogia e ne rimanesse affascinato a sua volta, per ritrascinarmi nella corrente del Giappone di Furutani e spingermi a recuperare il primo e il terzo volume per potermici rimmergere. Così eccomi tornata per parlarvi ancora di Kaze e delle sue avventure, nella prima di due recensioni che arriveranno a distanza ravvicinata qui sul blog, e che insieme alla prima uscita a febbraio cercheranno di instillare subdolamente in voi l’irresistibile desiderio di entrare in questo mondo insieme a noi.
Iniziamo dunque dalla domanda che forse vi starete ponendo mentre leggete queste prime righe introduttive, ovvero: cos’ha di così speciale questa trilogia, da far si che venga definita irresistibile, magnetica, affascinante e terribilmente attraente da buona parte dei lettori che ne vengono in contatto?
Ci sono alcuni elementi nei romanzi come questi, che già di loro paiono essere concepiti per affascinare: prendete ad esempio il Giappone dell’epoca Edo, con la sua forte cultura spirituale mirata a rendere arte e incanto anche le azioni quotidiane più comuni, con la sua filosofia del bushido, la via del guerriero, con le sue idee sull’onore e sulla reincarnazione; come si potrebbe narrare questo mondo senza affascinare e incantare almeno un po’ il lettore che vi viene in contatto per la prima volta? Con le sue danze, le raffinate cerimonie, gli sgargianti kimono di fine seta, i profumati fiori di ciliegio che depositandosi sulle polverose strade di campagna evocano in chi le percorre anche solo mentalmente scenari di pace e bellezza serena, il Giappone feudale è lo scenario perfetto per un romanzo che voglia colpire il suo lettore con la grazia e la bellezza.
Se dietro al romanzo si trova poi un autore capace di prendere un elemento così buono ed elevarlo ad una realisticità narrativa e sensoriale tale da far sentire al lettore, per tutta la durata delle pagine, di trovarsi effettivamente là, sotto quella fine pioggia di petali rosati, proprio accanto a quel valoroso e onorevole guerriero che pare quasi danzare con la sua spada una danza di una bellezza mortale, allora ecco che si ottiene qualcosa di unico e prezioso, un’esperienza di lettura totalizzante e seducente.
È quest’ultimo dunque il punto chiave di questa serie, il fattore che la rende così incantevole: dietro uno scenario già così perfetto, c’è un autore capace di ricamarvi sopra una storia avvincente, ma soprattutto un personaggio che non può che rimanere scolpito nella mente del lettore; Matsuyama Kaze è infatti il samurai perfetto sotto ogni punto di vista, fallibilità umana compresa: è un guerriero sopraffino, forse il migliore di tutto il Giappone, ma al tempo stesso è un uomo dalle forti credenze spirituali, capace di mettere in gioco la sua stessa vita se questo significa comportarsi in modo onorevole; vive in simbiosi totale con il mondo che lo circonda, e la sua anima pare accresciuta e arricchita dalla bellezza naturale; non è raro vederlo meditare nella posizione del loto sul ramo di un albero, mente e cuore fusi nel tutto del mondo, come non lo è immaginarlo intento ad ammirare un’esibizione di noh o una di danza, affascinato da ogni cosa che abbia in sé armonia ed equilibrio.
Ciò nonostante la sua vita è una costante ricerca, una spinta infinita verso il miglioramento di sé e il raggiungimento di una perfezione in realtà irragiungibile. Nella sua perfezione umane Kaze sbaglia e commette errori lungo il suo cammino, dai quali però è sempre in grado di trarre un insegnamento, un modo per ascendere ad un nuovo stato mentale e spirituale più elevato.

In questo primo romanzo comincia la sua avventura di ronin, samurai senza padrone legato però ad una promessa da cui dipende il suo stesso onore; una ricerca che lo spinge a vagare senza meta per il Giappone e ad imbattersi in realtà territoriali differenti ciascuna in grado di offrirgli un’occasione per crescere spiritualmente e per mettere in pratica quelli che sono i suoi nobili ideali.
Il cadavere di un samurai trovato depositato sull’incrocio di quattro vie percorse da mercanti e guerrieri, è l’occasione per Kaze di dar prova della sua acuta intelligenza, offrendola a servizio della verità. Ed è l’occasione per noi di conoscere più da vicino la vita di contadini, mercanti e signori alle soglie di un’epoca storica chiave per il Giappone, quel 1603 riconosciuto come spartiacque tra il Periodo Sengoku, un’epoca di incertezza politica militare, e l’epoca Edo feudale, in cui lo stato si chiuse al resto del mondo e gettò le basi per ciò in cui si sarebbe evoluto in futuro.
Muovendosi a metà tra un romanzo storico e uno d’avventura a tratti fantasy, Furutani ci permette di camminare tra due livelli narrativi, quello più esterno dedicato ai rapporti tra i differenti aspetti della società e alla vita quotidiana dei giapponesi dell’epoca, e quello più interno, emotivo, che indaga il cambiamento personale al quale molti guerrieri furono costretti dopo la battaglia di Sekigahara, la più grossa battaglia che il Giappone vide all’epoca e che ne sconvolse indelebilmente l’aspetto.
Poesia, arte e filosofia bushido si intrecciano alla politica e all’economia storica dell’epoca Edo, in quella che rappresenta una delle serie più coinvolgenti e affascinanti in cui mi sia mai imbattuta, forse la più capace di farmi vivere e sentire il mondo che descrive, come se ci fossi sempre vissuta dentro.

Pensate che abbia risposto almeno in parte alla domanda che ogni lettore si pone davanti ad un nuovo libro? Sono riuscita in parte a trasmettervi cosa questo romanzo ha rappresentato per me?
Mi basterebbe sapere che con questa recensione, e le due dedicate al secondo e terzo romanzo, sono riuscita almeno a convincervi a dare una possibilità a Dale Furutani, perché sono sicura che a fare il resto ci penseranno lui e il suo Kaze.
Buona lettura a quanti di voi vorranno provarlo, che il vostro viaggio sia coinvolgente quanto lo è stato per me.


Trama:
L’alba si è appena aperta un varco fra nebbie velate e un intenso profumo di pini. All’incrocio fra quattro strade, un vecchio commerciante di carbone e un samurai incappano nel cadavere di un forestiero, trafitto alle spalle da una freccia di nobile fattura. Il signore del luogo, Manase, raffinato cultore di lettere e arti, incapace di governare il distretto, e il magistrato, Nagato, gretto e frustrato, accumula denaro per comprarsi una concubina, non sembrano molto interessati a individuare l’assassino. La colpa viene appioppata al povero carbonaio Jiro: per salvarlo dalla crocifissione, il samurai Matsuyama Kaze, in giapponese “ventata di aria fresca”, decide di far luce sul delitto. Leale, fortissimo, pronto a “prevedere l’imprevedibile”, Kaze è più di un semplice samurai: vaga da tempo per il Giappone alla ricerca di una bambina di nove anni, figlia dei suoi signori e padroni, trucidati dagli emissari del nuovo shogun. Entra nelle grazie dell’infido Manase, si conquista le confidenze di Aoi, la prostituta, e affascina la cameriera della casa da tè. Gli insegnamenti del suo sensei, uniti a fantasiose trovate, gli permettono di stanare menzogne, sventare tranelli, sgominare una banda di malviventi e scoprire il vero colpevole.

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Denise
Sono un’appassionata di scrittura e comunicazione digitale, studio Informatica Umanistica e lavoro alla Casa della donna di Pisa. Nella vita cerco di conciliare i diversi aspetti di me: la femminista, la letterata e l’informatica. Non sempre vanno d’accordo, ma per fortuna sono caparbia e continuo a insistere.

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