Fantasy e Fantascienza, Recensioni

Recensione Ready Player One di Ernest Cline

Premessa:

2045. In una Terra prossima al collasso a causa di una poco chiara crisi energetica, la quotidianità viene vissuta su OASIS: una realtà parallela mista ad un MMO di dimensioni impressionanti creata dal genio illimitato di un solo individuo, James Halliday.

Ogni persona in OASIS può decidere chi – o cosa – vuole essere: elfo, nano, alieno, una cavalletta gigante, un ewok malvagio, basta avere un visore ottico e dei guanti aptici, un computer portatile non particolarmente performante e via, ci si può creare il proprio avatar ed iniziare a vivere una nuova vita a colori sgargianti e percezioni tattili poco più interessanti di una vibrazione di un joypad della PS4. Alla morte di Halliday viene inviato ad ogni giocatore un video in cui lo stesso Halliday, privo di eredi e ormai diviso dal suo vecchio amico e socio Ogden Morrow, racconta di aver deciso di lasciare in eredità OASIS e l’intero importo del suo conto corrente multimiliardario a chi riuscirà a risolvere tre indovinelli legati alla cultura degli anni ’80 in cui lui è cresciuto. Da qui ha inizio la Caccia all’easter egg.

Anorak, l’avatar di Halliday
Recensione Ready Player One

Trama Ready Player One:

Wade Watts è un adolescente sfigato, nerd, sovrappeso, povero in canna ed un Gunter (egg hunter, cacciatori dell’egg di Halliday) ossessionato dalla Caccia al punto da annullare completamente la sua esistenza utilizzando ogni singolo istante guardando film, serie TV, giocare a videogiochi a 8 Bit e studiando fino alla nausea la vita di Halliday.

Ai Gunter come Wade si contrappone la IOI, una società senza scrupoli che impiega miliardi di risorse alla ricerca costante dell’egg in pieno stile machiavellico, dove il fine giustifica qualunque mezzo illecito, anche l’omicidio.

Anche su OASIS l’avatar di Wade, Parzival, non ha il becco di un quattrino e non ha quindi la possibilità di girare per i miliardi di pianeti creati da Halliday ad eccezione del pianeta di partenza e di quello dove va a scuola, Ludus.

Il caso vuole che sia proprio Ludus il pianeta dove è nascosto il primo luogo legato all’easter egg, una coincidenza mica male che l’autore cerca di spiegare con un raffazzonato tentativo di trovare una spiegazione sensata, ma che lascia un po’ l’amaro in bocca.

È chiaro che tifiamo per il protagonista, ma sarebbe stato più soddisfacente un espediente narrativo per portare Wade nel luogo giusto senza usare la fortuna come unica giustificazione. Il nostro eroe sarà quindi così bravo e fortunato da battere la concorrenza di centinaia di conoscitori di Halliday come lui e della IOI, facendo sua la prima chiave a 5 anni di distanza dall’inizio della Caccia.

Note sulla scrittura:

A differenza di molti libri legati a questo genere fantascientifico/post-apocalittico, la narrazione è in prima persona, cosa che personalmente apprezzo in quanto si crea un legame maggiore col personaggio PDV (punto di vista).

In Ready Player One però troviamo un raccontato fastidioso, i concetti di “show, don’t tell” (mostra, non raccontare) qui sono assenti. La narrazione è mal condita da continue liste della spesa di Videogiochi, Serie TV e film legati alla cultura nerd degli anni ’80 che sembra essere l’accorgimento che l’autore utilizza per informare il lettore che lui è un nerd, che ha vissuto sulla sua pelle l’essere nerd negli anni ’80 e quindi, aiutato da qualche ricerca su Wikipedia, elenca tutti i nomi di giochi, film, ecc. degni di essere menzionati per la gioia di chi apprezza tali citazioni.

Il problema della prima persona:

L’utilizzo della narrazione in prima persona impone la coincidenza con quanto percepito dal personaggio PDV. In Ready Player One invece questo non avviene. A tal riguardo c’è la scena con il droide che viene programmato da Wade quando si fa catturare dalla IOI – diventando di punto in bianco un hacker più abile di Elliot Alderson di mr. Robot – che fa esplodere la sfera di Osuvox e quindi distruggere lo scudo che separava i buoni dai cattivi. La scena inizia proprio così: “Anche se non assistetti alla scena in prima persona, posso raccontarvi con sufficiente certezza ciò che accadde in seguito”.

Dov’è qui la narrazione in prima persona? È stata presa una telecamera sospesa stile film e messa sopra la testa del droide a mo’ di nuvola di Fantozzi e creata una scena senza particolare senso.

Sarebbe stato sufficiente utilizzare solo per questa scena un altro PDV, oppure far comandare a Wade il droide da una telecamera posta sulla sua testa, o cose così. Come precedentemente accennato, la trasformazione dal Wade timido e codardo di inizio libro al Wade coraggioso, audace e genio dell’informatica avviene in maniera troppo repentina, impedendoci di comprendere appieno come sia avvenuto tale cambiamento. Possibile che sia stato sufficiente vedere centinaia di volte le stesse serie TV o finire decine di volte gli stessi videogiochi per fare di lui un’hacker?

Personaggi:

La caratterizzazione dei personaggi risulta superficiale. Wade non risulta avere tratti di personalità originali, coincide appieno con il classico nerd sovrappeso visto e rivisto su vari film e libri, anche se va riconosciuto all’autore Ernest Cline il coraggio di usare come protagonista un tipo di personaggio solitamente comprimario. L’apatia nella vita reale è in parte dovuta da alcuni bulli che frequentavano la scuola reale dove andava prima di iniziare a studiare su Oasis, in parte dall’essere rimasto orfano in giovane età e cresciuto da una zia a cui non importa nulla di lui. Stereotipi a più non posso (I Dursley hanno adottato un secondo nipote dopo Harry Potter?)

Alcuni tratti della sua personalità si possono estendere anche agli amici di Wade, Aech e Art3mis. La prima è un’adolescente afroamericana, gay e anche lei sovrappeso, con un rapporto problematico con la madre a causa principalmente della sua omosessualità. La seconda invece ha problemi di autostima dovuti solamente (non vengono indicate altre motivazioni concrete) ad una voglia che le copre circa la metà del viso.

Anche l’antagonista viene descritto con estrema superficialità, il cattivo direttore operativo della IOI (quindi solamente un dipendente) che uccide ragazzini e distrugge un intero quartiere di palafitte solo per eliminare la concorrenza può anche avere senso, ma l’idea che una manciata di adolescenti riesca a fare le scarpe ad una inarrestabile società che ha come unico scopo quello di risolvere l’egg suona improbabile. Anche qui si sarebbe potuto optare per qualche espediente narrativo più verosimile, magari un aiuto esterno con tempistiche più consone, in quanto arriva solo nel terzo atto con il vecchio socio di Halliday Odgen Morrow che decide di soccorrere Wade e i suoi amici.

Conclusioni | Recensione Ready Player One:

Ho iniziato a leggere questo libro con molte aspettative. Le premesse e le potenzialità erano davvero buone ma sfortunatamente la realizzazione così improbabile delle vicende e la narrazione superficiale non immersiva non mi ha permesso di godermi appieno l’esperienza. Per chi cerca una lettura immersiva sostenuta da basi solide, il libro è fortemente sconsigliato. Se invece ci si accontenta di una lettura scorrevole contornata da un’atmosfera affascinante, allora si potrà apprezzare il buono che c’è in Ready Player One senza tener troppo conto di questa recensione.

Locandina del film
Recensione Ready Player One

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Luca
Consulente in telecomunicazioni, lavoro particolarmente noioso ma necessario.

Amo leggere, epic fantasy specialmente, e da quando ho frequentato un corso di scrittura creativa ho iniziato ad appassionarmi al mondo che c'è dietro un libro pubblicato: le idee, lo stile narrativo, l'editing e chissà dove mi porterà in futuro questo interesse.

Intanto spero di farvi apprezzare un occhio più approfondito sulla narrazione in sé. Adoro il confronto di idee, pertanto ogni discussione sulle mie recensioni è molto ben accetta.

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